Le trame del design, tra passato e presente
Sospesi o distesi, i tappeti ci ricordano che il miglior posto in cui tornare è la casa.
Elemento chiave in grado di dare un tono all’ambiente, per alcuni, posto più comodo dove mettere i piedi (scalzi, ovviamente) per altri, i tappeti – a pelo corto o lungo, rasi o folti - sono indubbiamente un elemento che contribuisce a rendere più intima e accogliente la casa e, in alcuni casi, a conferirle identità e stile.
Alcuni artisti li hanno scelti anche come supporto, tela supina (o verticale, nella sua versione più museologica), per dar sfogo alla propria creatività, tra passato e presente.
Tradizione e contemporaneità sono i due elementi che contraddistinguono la collezione “Gio Ponti” di Amini, realizzata dall’azienda in collaborazione con l’Archivio Gio Ponti. Nel 2016, Amini, dopo aver acquisito i diritti di alcuni motivi grafici realizzati dal designer e architetto italiano, ha trasferito il genio artistico di Gio Ponti dai pavimenti ai tappeti, creando una vera e propria serie di opere d'arte moderna che, insieme ai tappeti ispirati al genio grafico di Joe Colombo, Ico Parisi e Manlio Rho, fa parte della serie Amini Icons. La collezione comprende un vasto ed eterogeneo assortimento estetico: si passa dalle proposte più essenziali, come il tappeto Labirinto, alle proposte più decorative che reinterpretano il design di Ponti in stile moderno, come per il tappeto Esagoni, in cui il lato ludico della forma esagonale è sottolineato dall’uso del vivace “blu ponti”.
All’attenzione di Amini per le forme e la semplicità figurativa, si aggiunge la cura nella scelta dei materiali e delle tecniche di tessitura impiegate. L’azienda italiana realizza i propri tappeti fuori e dentro i territori nazionali, selezionando le tecniche artigiane sulla base delle caratteristiche dei materiali utilizzati e delle forme proposte. È così che la lana tibetana diventa la traduzione tessile della ceramica pontiana, a cui si ispira Esagoni, in un rimando alle decorazioni bianche e blu realizzate da Gio Ponti tra il 1960 e il 1962 per l'Hotel Parco dei Principi di Sorrento, il primo hotel di design al mondo. In un perfetto equilibrio tra design, forma e colore, le antiche tecniche di tessitura dialogano e convivono con il contemporaneo, in un intreccio di forme e colori.


Nella stessa direzione si muovono le opere tessili di Linde Burkhardt, artista e designer tedesca a cui si deve la trasposizione tessile dei motivi decorativi etruschi presenti in affreschi, bassorilievi e dischi di piombo iscritti ritrovati in Toscana. I tappeti, che hanno per oggetto la “gioia di vivere” del quotidiano etrusca, sono stati realizzati da Burkhardt fra il 2015 e 2018 con tecniche tradizionali, in lana e seta annodati a mano e presentati, in dialogo con i reperti del Museo Archeologico Nazionale di Siena, nella mostra “Dalle gioie degli Etruschi. Un dialogo contemporaneo”, realizzata nel 2018 presso il complesso museale di Santa Maria della Scala a Siena.


L’osservazione naturalistica ricorrente nell’arte etrusca, estremamente ricca e ancora poco esplorata, ci porta alla mente l’allegria pop-tropicale dell’artista brasiliano Genaro de Carvalho che, tra gli anni 40 e 50, traferì il modernismo brasiliano su lana, interpretando il tropicalismo nazionale in chiave regionale, attraverso l’uso di tecniche di tessitura nordestina, a cui si aggiungevano l’haute-lisse e il goblin francese.
Uccelli, frutta, fiori, farfalle e piante tropicali erano i temi e i motivi prediletti, che l’artista rappresenta ricorrendo al telaio; una vera innovazione se si considera che tale strumento era pressoché assente nell’arte brasiliana dell’epoca.


Al telaio Genaro ricorre non tanto per importare le tecniche europee, quanto più per creare un’arte che trovava nelle limitazioni locali (la scarsità di materiali e di varianti cromatiche) il punto di partenza per una poetica personale. Ai filati di provenienza estera, Genaro preferiva la lana nazionale, un materiale di qualità inferiore e limitato alle diciannove tonalità che costituirono le uniche possibilità cromatiche dell’artista. Al colore Genaro arrivava attraverso la sperimentazione di prodotti naturali – uno tra tutti, l’olio della palma di dendê – che gli consentivano di ricreare il “blu del mare di Dorival Caymmi, o il giallo dei frutti maturi delle terre violente di Jorge Amado”.
LA NATURA SI FACEVA CULTURA E L’ARTE ERA “IN COMUNICAZIONE COL SUOLO”.